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Area Archeologica di Pievefavera

informazioni

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IL CONTESTO STORICO 

L'area archeologica di Pievefavera -Caldarola si inserisce nell'ampio e ricco contesto storico-artistico che caratterizza l'intero Comune di Caldarola. Il turismo culturale offre, infatti, oltre ai pregiati palazzi, teatri e santuari diffusi sul territorio, i percorsi degli antichi e rinomati castelli di Caldarola, Pievefavera, Vestignano, Croce e Valcimarra-Bistocco. II sito di epoca romana individuato lungo la sponda meridionale del lago di Pievefavera conferma la rilevante presenza di emergenze archeologiche lungo tutta la valle del fiume Chienti, naturale via di comunicazione dalla costa all'entroterra marchigiano. Le strutture rinvenute, di fondazione tardo repubblicana, ma esistenti almeno fino al I secolo d.C., appartengono alla pars rustica di una villa ben più estesa, con strutture murarie e pavimentazioni musive non ancora indagate.

Anche le località di Pieve Arsa, Madonna della Croce e Piano Mercatale hanno restituito reperti e strutture archeologiche. In particolare dall'area di Piano Mercatale provengono dolia romani, monete, frammenti di mosaici e due sepolture con vari oggetti di corredo. Dai pressi del cimitero di Pievefavera, provengono invece reperti riferibili ad un'altra necropoli di età romana. I materiali archeologici, conservati presso l'Antiquarìum di Pievefavera, testimoniano che l'area conobbe una lunga frequentazione dalla preistoria fino all'età romana.

 

L’IMPIANTO ABITATIVO

La villa di età romana si sviluppa su 3 terrazzi digradanti verso il fondovalle che consentono di attenuare la forte pendenza che caratterizza questo versante di Colle Pioarse. Si tratta di un impianto abitativo suburbano di discrete dimensioni, costruito con materiali provenienti da cave vicine. Lo sviluppo di questo insediamento, destinato probabilmente alle attività di produttive e all'alloggio del personale di servizio, è stato favorito dalle risorse naturali allora presenti, con particolare riferimento ad una vicina sorgente e al fiume Chienti che scorreva a valle, dove oggi troviamo il bacino artificiale dell'Enel. La tecnica edilizia utilizzata ed i materiali archeologici rinvenuti collocano l'insediamento tra l'età tardo repubblicana ed il I secolo dell'Impero. Alla fase di decadimento dell'impianto è riconducibile una tomba ad inumazione del tipo a fossa, priva di corredo, appartenente ad un individuo maschile giovane.        

Approfondimento: le tombe ad inumazione

Secondo Cicerone (De Leg, II, 22, 56) e Plinio (Nat.Hist., VII, 187) l'inumazione era il rito funerario più antico ma le evidenze archeologiche (sepolcreto del foro a Roma, datato tra l'VIII ed il VI sec. a.C.) dimostrano un uso misto con il rito della cremazione. Sembra quindi che in età repubblicana i due tipi di sepoltura convivessero collegati rispettivamente alle credenze private delle famiglie nobiliari. A partire dal II sec. d.C. si andò affermando maggiormente il rito ad inumazione che prevalse per tutta l'età imperiale. L'inumazione della salma poteva avvenire all'interno di sarcofagi che, a seconda delle possibilità economiche, erano di bronzo, marmo scolpito, peperino o terracotta; venivano poi collocati in sepolcri privati o di associazioni. La deposizione poteva avvenire anche in casse di legno, poste all'interno di recinti funerari. Il tipo più semplice di sepoltura era costituito da una fossa, di forma non precisa, doveil defunto, spesso avvolto da un sudario, veniva coperto semplicemente con la terra.

È probabile che sopra tali tombe vi fosse sempre una qualche forma di segnacolo che prendeva l'aspetto, nelle sepolture più umili, di una semplice pietra o di grosso vaso. Una particolare variante di questa tipologia di tomba ad inumazione, frequentemente utilizzata in età imperiale dai ceti modesti e dagli schiavi, era la cosiddetta tomba a "cappuccina" ossia una fossa scavata nella terra nella quale si deponeva il cadavere, coperta da tegole in posizione obliqua l'una contro l'altra a formare un cappuccio dalla cui forma prende il nome. Spesso sul colmo delle tegole venivano posti dei coppi. Talvolta le tegole erano poste in piano oppure la sepoltura stessa era effettuata in anfore (in tal caso si parla di enchytrismòs), spesso frammentate, utilizzate soprattutto per l'inumazione dei bambini. Particolarmente in uso nelle comunità cristiane ed ebraiche erano le sepolture ricavate all'interno di articolate gallerie, dette catacombe, dove l'inumazione avveniva in loculi scavati nel banco roccioso.

Approfondimento: le villae

Durante l'età repubblicana con il termine villa i Romani designavano in genere edifici di tipo diverso e con destinazioni differenziate, generalmente collocati fuori delle mura cittadine per lo più connessi ad attività agricole. Infatti sin dai tempi più antichi la parola "villa" indicava sia la proprietà terriera (detta anche ager), sia l'abitazione vera e propria utilizzata dal proprietario e da tutti coloro che lavoravano nel fondo. Si usava chiamare tutto il complesso anche praedium o fundus. Con L. Giunio Moderato Columella (De re rustica I, VI, I) nel I secolo d. C. abbiamo una più precisa terminologia relativa alla villa e alle sue articolazioni: vi era una pars rustica, destinata al vilicus (il fattore) e agli schiavi che attendevano ai lavori agricoli, con inoltre i recinti per gli animali, una pars urbana che ospitava i padroni, una pars fructuaria adibita alla lavorazione e all'immagazzinamento dei prodotti. Vi erano inoltre le villae suburbanae, ossia le dimore presso le città ed infine le villae maritimae, come quelle famose del litorale del Lazio meridionale e della Campania, legate allo sfruttamento della piscicoltura.

Il concetto di villa nel mondo romano era quindi, almeno inizialmente, molto diverso da quello del giorno d'oggi: la villa era sostanzialmente una piccola azienda agricola che produceva tutto ciò che fosse necessario al sostentamento. Col passare degli anni, nell'ultimo periodo dell'età repubblicana, le ville si fecero sempre più grandi e sontuose, fino a raggiungere dimensioni a dir poco colossali, pur rimanendo sempre una parte destinata alla coltivazione, fosse agricola o dei pesci. Nel corso dei secoli si riscontrano però numerosi esempi di ville destinate solo al ritiro e all'evasione di uomini politici, abitualmente costretti a risiedere a Roma perché partecipi degli organi direttivi dello Stato. La villa, pertanto, diventò un luogo destinato alla comodità, all'isolamento e agli otia letterari ed artistici: stanze di soggiorno (diaetae), ornate di pitture che aprivano le pareti in visioni paesaggistiche, si alternavano a portici e a viali per passeggiare (xysti) inseriti in vasti giardini (ars topiaria) destinati alla meditazione. In breve tempo le villae superarono di gran lunga il lusso delle abitazioni di città arricchendosi di piscine, ninfei, ambienti termali e statue.

Pittura ed architettura interagirono inoltre per cercare di duplicare i piaceri che la contemplazione di un panorama poteva arrecare: questi cambiamenti furono fondamentali per lo sviluppo della residenza di campagna nella futura cultura occidentale. Benché verso la fine dell'impero romano fosse difficile civilizzare la vita rurale, quando la villa riapparve presentava ancora quei valori e, in un certo grado, quelle forme, sviluppatesi nella civiltà romana: i metodi costruttivi applicati negli antichi edifici rurari romani si conservarono inconsciamente nelle fattorie del mondo mediterraneo e nel mondo bizantino aiutando così i committenti e gli architetti rinascimentali nel loro sforzo di ricreare forme architettoniche dell'antichità.

 

GLI AMBIENTI DI SERVIZIO

II settore sviluppato sul primo terrazzo, mostra dimensioni e tecniche costruttive tali da lasciarlo interpretare come area destinata alle stanze di servizio, ovvero finalizzate alla produzione interna. Questo settore, dotato anche di strutture per la raccolta e il regolare deflusso delle acque meteoriche, ha verosimilmente subito ulteriori suddivisioni interne e/o ampliamenti dei vani in epoche successive. Nel complesso, sono stati individuati almeno 5 ambienti separati, uno dei quali conservava la pavimentazione in laterizi piani con lastre di dimensioni 20 x 20 centimetri. Il secondo terrazzo è caratterizzato dalla presenza di una grande condotta fognaria di forma allungata, coperta con lastre calcaree di diverse dimensioni. L'assenza di altre strutture porta ad interpretare il terrazzo come corridoio di disimpegno finalizzato a separare gli ambienti del primo terrazzo da quelli del terzo.

Sul terzo terrazzo sono stati individuati sei ambienti di forme e dimensioni diverse, due dei quali pavimentati in opus spicattim e uno in laterizi piani. I due vani pavimentati in opus spicatum, con mattoncini disposti a spina di pesce, in origine erano probabilmente chiusi e comunque riferibili ad ambienti di servizio, anche se concepiti con una tecnica edilizia più raffinata. Nel loro insieme gli ambienti di servizio andavano a costituire la pars rustica, della villa che si articolava in ambienti chiusi e aperti, del tutto funzionali all'attività produttiva della proprietà, ed in cui le strutture architettoniche, i decori e l'arredamento erano molto più sobri rispetto alla pars urbana dove risiedeva saltuariamente il dominus con la sua famiglia.

 

L’AREA DELLE TERME

Tra i sei ambienti di servizio del terzo terrazzo, alcuni sono destinati a tenne (balnea servilia) riservate ai contadini della villa: si tratta di due vani di forma sub-rettangolare di uguali dimensioni, collocati l'uno accanto all'altro. In essi si conservano le suspensurae, laterizi quadrati di una ventina di centimetri di lato, tra loro sovrapposti a formare dei pilastrini. Le suspensurae poggiavano su un pavimento in laterizi, parzialmente conservato, e avevano il compito di sostenere un pavimento sospeso di cui non abbiamo traccia. Nello spazio vuoto compreso tra il primo e il secondo livello pavimentale circolava l'aria riscaldata nel praefurnium. Il praefomium (camera di combustione) era concepito per ricevere una notevole quantità di combustibile (carbone di legna) e il calore si spandeva nel sottosuolo dell'ambiente da riscaldare prima di essere evacuato attraverso condotti verticali nelle pareti, non rinvenuti in questo contesto.

Approfondimento: le terme

Le terme romane erano edifici pubblici o privati con degli impianti che oggi chiameremmo igienico-sanìtari. Si potrebbero definire in parte come i precursori degli odierni centri di benessere o ricreativi, luoghi comunque deputati alla cura del corpo ma anche dello spirito; a seconda delle abitudini, delle condizioni fisiche, del rango sociale, il bagno diveniva, oltre che norma igienica e necessità salutare, un raffinato piacere. Le terme pubbliche rappresentavano inoltre uno dei principali punti di ritrovo nella vita dei Romani, non solo a Roma ma in tutte le province dell'impero, e l'importanza politica e di propaganda di questi edifici è confermata dall'interesse che i vari imperatori ebbero nei secoli nel dedicare una parte del loro patrimonio privato alla costruzione di vere e proprie terme monumentali.

Prendendo come esempio Roma, nel 33 a.C. Agrippa censì 170 balnea, un numero già ragguardevole, che non gli impedì di edificare, nel 25 a.C., le prime grandi terme pubbliche, che portarono il suo nome. A dimostrazione della popolarità di questa tipologia di edificio nei secoli, si pensi che durante il IV secolo d.C. a Roma i complessi termali erano circa 1000. Le prime terme nacquero in luoghi dove era possibile sfruttare le sorgenti naturali di acque calde o dotate di particolari doti curative. Col tempo, si diffusero anche all'interno delle città, grazie allo sviluppo di tecniche di riscaldamento delle acque sempre più evolute. Dal punto di vista architettonico i primi impianti termali, pur avendo una organizzazione logica dei servizi, conservavano una pianta poco razionale senza regole assiali o di equilibrio.

A partire da Nerone si cominciò ad imporre un modello di grandi terme incentrate su un asse di simmetria intorno al quale ruotavano i vari ambienti dell'edificio. Attraverso varie modificazioni si imporrà un rigoroso equilibrio assiale che però genererà una certa monotonia. Se questo discorso vale soprattutto per le terme pubbliche delle grandi città, le terme private o dei centri minori non sembrano ricorrere a questa disciplina geometrica ma mantengono sempre un percorso prestabilito che così può sintetizzarsi: apodyterium (spogliatoio), frigidarium (vasca di acqua fredda), tepidarium (acqua tiepida), caldarium (acqua calda) per poi ritornare ali''apodyterium. Tale disposizione degli ambienti delle terme, oltre che dalle evidenze archeologiche è confermata dalle fonti antiche (Plinio, Marziale, Petronio). Attorno a questi spazi principali, si sviluppavano eventualmente quelli accessori tra i quali ricordiamo: la sudatio o il laconicum (simili rispettivamente alla sauna ed al bagno turco), il gymnasium (una sorta di moderna palestra), la natatio (una piscina di acqua fredda) etc. All'interno delle terme più sontuose (come le Terme di Caracalla, a Roma) potevano trovare spazio anche piccoli teatri, biblioteche, sale di studio e addirittura negozi.

Nei grandi complessi di età imperiale gli ambienti non furono più disposti uno di seguito all'altro: per mezzo di molteplici accessi si transitava in zone di passaggio poste lungo il corpo centrale per poi scegliere il percorso che più aggradava il visitatore. Un tipico ciclo poteva iniziare con esercizi ginnici nel gymnasium o attività sportiva in un campo esterno (palestra), per poi continuare nel laconicum o sudatio, e arrivare alle vasche da bagno, passando dalla più calda alla fredda.

Il percorso naturalmente, a seconda delle esigenze di ognuno, poteva essere anche inverso e iniziare dai bagni freddi per concludersi con quelli più caldi. Anche le donne avevano accesso alle terme in settori separati rispetto agli uomini (come nelle terme Stabiane a Pompei) oppure in orari diversificati. Alcuni provvedimenti emanati, sia sotto Adriano che Marco Aurelio e Severo Alessandro, per evitare l'uso promiscuo dei bagni pubblici, fanno ritenere che questa fosse un'usanza molto radicata della società romana e che comunque alcune zone delle terme spesso fossero in comune. In tarda epoca cristiana, sia per l'eccessivo costo di manutenzione, sia per i mutati costumi, le terme vennero progressivamente abbandonate; la distruzione degli acquedotti o l'impossibilità della loro manutenzione a causa delle continue guerre ne interruppe definitivamente l'uso.

Fonti informative:

  • Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche www.archeomarche.it
  • Testi e Grafica - Thetys srl - Roma

 

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