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Tolentino

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TOLENTINO:  ARTE, STORIA E SPIRITUALITA

Città di origine Picena, conserva importanti ritrovamenti visibili ancora oggi presso il Museo Civico Archeologico, insieme a importanti testimonianze del periodo romano di cui fu Municipium. Nel periodo medioevale ha un particolare sviluppo con palazzi, castelli e chiese. Elevata al rango di Città nel 1585 da Papa Sisto V, Tolentino è stata testimone di due importanti fatti storici legati a Napoleone. Infatti il 19 febbraio del 1797, nel palazzo dei Conti Parisani-Bezzi, Bonaparte firma con i delegati pontifici quella che passerà alla storia come la “Pace di Tolentino”. Qualche anno più tardi, nel 1815, il cognato Gioacchino Murat venne sconfitto nei pressi del Castello della Rancia dalle truppe austriache del Barone Bianchi in quella che molti storici considerano, ancora oggi, la prima battaglia combattuta per l’indipendenza d’Italia. Dalla seconda metà dell’800, Tolentino conosce un grande sviluppo prima agricolo e poi industriale. E’ una delle prime città ad essere elettrificate e cresce culturalmente quanto prospera economicamente.

Premiata con la Medaglia d’Argento al Valor Militare ed al Valor Civile per il tributo dato durante la Resistenza, Tolentino è oggi una città moderna, dove hanno sede importanti aziende che sono oramai famose in tutto il mondo, soprattutto per la lavorazione della pelle trasformata in oggetti e complementi d’arredamento di alta moda. Tolentino è anche famosa per essere “la Civiltà del Sorriso” per via del suo unico quanto celebrato e divertente Museo Internazionale della Caricatura che conserva oltre cinquemila opere originali dei più grandi maestri mondiali. Da visitare la centrale Piazza della Libertà su cui si affacciano il Palazzo Municipale, la Torre degli Orologi ed il Palazzo Sangallo, molto importanti dal punto di vista artistico sono il ciclo di affreschi che decorano il Cappellone nel complesso monumentale della Basilica di San Nicola ed il sarcofago che racchiude le spoglie di San Catervo, all’interno della omonima con-cattedrale.

A pochi chilometri l’imponente Castello della Rancia e la storica Abbazia di Chiaravalle di Fiastra, circondata da una riserva naturale. Per rilassarsi e per curare il corpo e lo spirito le Terme di S. Lucia offrono trattamenti termali, beautyfarm ed un moderno centro di medicina sportiva. Alberghi, agriturismo, B&B e ristoranti, unitamente a moderni e funzionali impianti sportivi accolgono il turista ed viaggiatori con una cordialità d’altri tempi.

 

MUSEI CIVICI - RESIDENZE STORICHE – BIBLIOTECHE

 

LUOGHI DI CULTO 

Cattedrale San Catervo

L’edificio della cattedrale intitolata a San Catervo risale alla prima metà del secolo 19° ed è forse il terzo costruito attorno al mausoleo di epoca romana - di cui oggi restano scarsi frammenti - fatto realizzare da Settimia Severina per custodire le spoglie del marito Flavio Giulio Catervio e le proprie. Di Catervio - vissuto alla fine del 4° secolo d. C. - si sa con certezza che era di nobile famiglia e che aveva rivestito l’alta carica di prefetto del pretorio. Intorno al sarcofago - insigne esempio di arte romana del 4° secolo, visibile nella cappella del Santo - corrono alcune iscrizioni metriche volute da Settimia che piangono la morte del figlio Basso appena diciottenne. Verso Catervio, illustre personaggio della corte imperiale, certamente cristiano, e i suoi congiunti, si sviluppò una profonda devozione popolare nata dall’antica e sentita tradizione secondo la quale egli sarebbe morto martire per diffondere la fede cristiana a Tolentino. La cappella di san Catervo, dove è conservato il sarcofago che contiene i corpi dei tre personaggi, fu affrescata da Marchisiano di Giorgio, pittore tolentinate di origine slava, che vi lavorò nei primi anni del ‘500. Recenti studi attribuiscono, tuttavia, la frescatura della lunetta centrale al celebre Giorgione che si sarebbe ritratto nel santo a destra della Madonna. Un’interessante lunetta in pietra di stampo longobardo è quanto resta della chiesa benedettina nata attorno al primitivo luogo di culto dedicato a san Catervo.  

 (Fonte: Semmoloni - dal progetto Viandando Tolentino)

 

Basilica di San Nicola

Il complesso conventuale agostiniano risale alla fine del sec. 13°. Nella prima metà del secolo 14° fu costruito il chiostro monumentale composto da trenta colonne in laterizio, ognuna diversa dall’altra. Lasciti e donazioni furono effettuati da molti fedeli fin dall’inizio della costruzione in seguito alla diffusione del culto nato dai miracoli che il Santo compì anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1305. La venerazione fu così sentita che, alcuni decenni dopo la scomparsa di san Nicola, furono trafugate le braccia della salma come portentosa reliquia. Recuperate immediatamente, furono racchiuse in reliquari d’argento per essere mostrate ai pellegrini e ai visitatori, e il corpo fu sepolto al centro di quello che oggi è conosciuto come “Cappellone”, dove rimase nascosto fino all’inizio del 20° secolo, essendosi persa notizia del luogo di sepoltura. Nel Cappellone, che custodisce un ciclo di affreschi tra i più vasti d’Italia, sono narrati la vita e i miracoli del Santo, di Cristo e della Madonna. La grande cappella fu affrescata nella prima metà del ‘300 da Pietro da Rimini e dai suoi compagni che in quella città avevano appreso da Giotto l’arte della narrazione pittorica. Dopo il tardo rinvenimento del 1926, la salma del Santo è stata esposta alla venerazione dei fedeli nella cripta costruita nel 1932. Molte opere d’arte di notevole importanza sono conservate nella chiesa e soprattutto nel nuovo Museo della Basilica. 

(Fonte: Semmoloni - dal Progetto Viandando Tolentino)

 

Chiesa di San Francesco

Costruita in forme romanico-gotiche nel 1240, fu trasformata a più riprese e specialmente intorno al 1770 e al 1875. Si presenta oggi come un organismo architettonico composito, in cui le singole parti e i diversi stili si accostano senza fondersi, evocando ciascuno una diversa immagine di chiesa mai unitariamente completata. Altrettanto discontinua è la vicenda della sua giurisdizione ecclesiastica: eretta come chiesa francescana, divenne nel 1653, con la chiusura del convento, sede del Capitolo della cattedrale. Trasferita nel 1810 la cattedrale nella chiesa di san Nicola, e poi in quella di san Catervo, divenne nel 1820 sede della omonima parrocchia. Della prima costruzione, che probabilmente ripeteva lo schema tipico delle chiese francescane, con unica navata e tetto in legno, resta oggi l’abside poligonale affiancata da due cappelle originariamente aperte verso la chiesa. In seguito richiuse esse divennero base del campanile la sinistra e retrosacrestia la destra. A causa delle varie trasformazioni, quest’ultima cappella si venne a trovare al di fuori della navata centrale; divisa da un solaio, fu adibita, fino alla fine dell’800, ad abitazione del sacrestano. Nonostante l’uso improprio e singolare, la cappella ha conservato quasi integra una ricca serie di notevoli affreschi votivi risalenti al 14° secolo. Il campanile, più comunemente noto come Torre degli Orologi, è stato ricavato dalla sopraelevazione della cappella di sinistra. Si ha notizia della presenza di botteghe e di carceri vescovili addossate all’abside e al campanile, che ne coprivano, così come oggi, la parte inferiore verso la piazza.  

(Fonte: Semmoloni - dal progetto Viandando Tolentino)

 

Chiesa di Santa Maria Nuova - Madonna della Tempesta

Antiche testimonianze affermano che la chiesa attuale, denominata originariamente Pieve di santa Maria, sia stata edificata sopra i resti di un tempio romano. Ciò testimonierebbe l’antichità della chiesa e la denominazione di “pieve”. Fu cattedrale dal 1586, quando Sisto V concesse a Tolentino il titolo di Città e vi istituì la Diocesi, fino al 1653, anno in cui, per lavori di restauro e consolidamento, la cattedrale venne trasferita nella chiesa di San Francesco. Nel 1766, riconsacrata dal vescovo Peruzzini, prese il nome di Santa Maria Nuova. Sull’altare maggiore una nicchia con cornice in legno dorato racchiude l’immagine lignea della Madonna in trono col Bambino, popolarmente chiamata Madonna della Tempesta poiché invocata in occasione di calamità naturali. La statua, databile al tardo Trecento, è scolpita in legno, ricoperto da un leggero intonaco di gesso policromo. La sua antichità e il pregio artistico derivante dalla raffinata compostezza ieratica dell’immagine e dalla sinteticità dei volumi pongono l’opera tra gli esemplari più interessanti della scultura marchigiana. Per interessamento del vescovo Strambi, il 17 maggio 1814 questa immagine fu incoronata da Pio VII che ritornava a Roma dall’esilio francese.  

(Fonte: Semmoloni - dal progetto Viandando Tolentino)

 

Chiesa di San Giacomo detta ”della Carità“  

Le prime notizie della chiesa di san Giacomo risalgono al 1233. Fu dipendente dall’antica pieve di Sant’Andrea - che sorgeva sulle colline al di là del fiume Chienti - fino al 1421 quando gli fu conferito il titolo di Collegiata. Nei primi decenni dell’Ottocento, in seguito alla demolizione della chiesa della Carità, situata nei pressi della piazza maggiore, la confraternita omonima si trasferì nella chiesa di san Giacomo che cambiò così denominazione. Dal 1970 circa la chiesa non è più aperta al culto. Attualmente l’edificio è stato adibito ad auditorium. Sopra al portale romanico in facciata, ornato da testine antropomorfe e zoomorfe, si apre un grande rosone con dodici colonnine; ai lati vi sono due aperture secentesche, attualmente tamponate. Al secolo 16° risale il corpo a destra della facciata che racchiude l’unica navata laterale. Sulla Via delle Caserme, che corre a fianco, è situato l’interessante portale secondario sormontato da un arco ogivale in cotto, nelle cui formelle si intrecciano figure animali e un viticcio di gusto gotico, sottolineati da un fregio dentellato. Sopra l’arco vi è lo stemma in arenaria della confraternita della Carità: Cristo che sorge dal sepolcro reggendo tra le mani il disco crociato, emblema della confraternita; sullo sfondo, la croce del Golgota. All’interno spicca l’imponente soffitto a cinquantanove cassettoni di color azzurro e oro eseguito nel 1574 da tre intagliatori tolentinati; al centro compare la statua di san Giacomo apostolo in veste da pellegrino.

(Fonte: Semmoloni - dal progetto Viandando Tolentino)  

 

 ALTRI LUOGHI DI INTERESSE STORICO CULTURALE DA VISITARE

 

Torre degli orologi  

Il campanile della chiesa di san Francesco è stato innalzato sulla cappella sinistra attigua all’abside e sovrasta un edificio fornito di portico di costruzione recente che, tuttavia, ricorda la presenza, fino al secolo 19°, delle botteghe dei barbieri, delle carceri vescovili e del mattatoio comunale addossati all’abside della chiesa. Il complesso orologio - unico in Italia - posto sul campanile fu costruito nel 1822 da Antonio Podrini da Sant’Angelo in Vado, che si offrì di realizzarlo in seguito ad un suo casuale soggiorno a Tolentino durante il quale ebbe modo di percepire le incertezze della vecchia macchina che risaliva alla prima metà del ‘700. I quattro quadranti erano azionati da un unico meccanismo: Il primo quadrante dall’alto indica le fasi lunari; il secondo è una meridiana meccanica che segnava le ore “all’italiana”, il giorno iniziava all’alba e terminava al tramonto; il terzo è l’orologio astronomico che, con un’unica lancetta (la seconda è un’aggiunta molto recente), segna le ore e le sue frazioni e suona i quarti e le ore. In origine a mezzodì e a mezzanotte, dopo i previsti dodici rintocchi, faceva scoccare quattro serie di tredici piccoli tocchi. Segue l’orologio calendario che indica i giorni della settimana e del mese. Sotto l’ultimo quadrante, una piccola meridiana solare era utilizzata dal “moderatore” per regolare quotidianamente l’orologio astronomico, l’unico attualmente funzionante.

(Fonte: Semoloni - dal Progetto Viandando Tolentino) 

 

Teatro Vaccaj

La costruzione del teatro fu agevolata dal cardinale Filippo Carandini, prefetto della Congregazione del Buon Governo e cognato di quel Domenico Parisani che nel 1797 ospiterà nel suo palazzo il generale Bonaparte in occasione della firma del Trattato di Tolentino. Il progetto del teatro fu affidato al pittore e architetto tolentinate Giuseppe Lucatelli che lo realizzò nel 1795 come un moderno “teatro all’antica” costruendo, cioè, con le lesene che separano i palchi, una sorta di classico peristilio, e ne curò la decorazione interna con scene mitologiche. Lucatelli era stato scelto da Napoleone, tramite l’Appiani, per riprodurre gli affreschi del Correggio nel monastero di San Paolo a Parma, le cui copie dovevano essere inviate al Louvre. In questo incarico fu agevolato dall’antica amicizia con il celebre tipografo G. B. Bodoni. Il teatro prese il nome di “Teatro dell’Aquila” dall’emblema del cardinale Carandini. Le drammatiche vicende napoleoniche del febbraio 1797 ne rimandarono l’apertura al 10 settembre di quell’anno quando il teatro fu inaugurato con oratori dello Zingarelli e del Giordaniello. Tra gli esecutori il noto “sopranista” G. B. Velluti di Corridonia. Alla fine dell’800 il pittore Luigi Fontana ricreò tutte le decorazioni della sala da spettacolo, scurite nel tempo dai fumi delle lampade, e lasciò solo le raffigurazioni del ridotto dovute al Lucatelli. In quell’occasione il teatro fu intitolato al compositore tolentinate Nicola Vaccaj (1751-1828).

(Fonte: Semmoloni - dal Progetto Viandando Tolentino)

 

Quartieri Medioevali per un itinerario storico della città vissuta - Fonte Semmoloni

1. Montecavallo (pp. 124 – 126, Tolentino, guida all’arte e alla storia, a cura di G. Semmoloni, 1988)

Anticamente via Montecavallo, a fianco delle mura castellane che si ergevano sul sottostante torrente Troiano, svolse una funzione logistico-militare in relazione anche alla rocca – di cui si hanno notizie già dal 1216 – ingrandita e fortificata dai Varano. I suoi ruderi erano ancora visibili alla metà del secolo scorso negli orti del convento dei Cappuccini. Nel periodo delle incastellazioni, l’inurbamento degli abitanti provenienti dalle terre limitrofe determinò l’edificazione di buona parte delle aree libere della zona; tuttavia si raggiunse la completa saturazione solo nella seconda metà dell’Ottocento quando tutto il quartiere, che da questa via prende il nome, si configurò insieme al Fondaccio, come una delle zone più popolari di Tolentino. Il quartiere di Montecavallo, interessante per la sua uniformità tipologica e ambientale, è caratterizzato dall’impianto pressoché ortogonale delle strette vie sulle quali si prospettano modesti edifici residenzalie artigianali, interrotti solo dal vasto complesso dell’ex convento di Santa Teresa. E’ interessante notare come le costruzioni, pur appartenendo a epoche diverse, si uniformino nel cromatismo del laterizio e nella analogia di forme e dimensioni. Come esempi di possono osservare a confronto, in via Montecavallo, la casa al n. 53 (1950 circa) e quella al n. 111 (sec. XIX); la casa in via S. Nicolò n. 19 (sec. XVIII) e la presunta casa natale di Francesco Filelfo (sec. XIV?). In alcune vie secondarie (traversa Valtieri, via dell’Aquila, etc.) si conservano ancora le pavimentazioni in ciottoli di fiume e arenaria disposte secondo un accurato disegno. L’origine medievale, oltre che dalla tortuosità della via – sulla sinistra della quale si aprono caratteristici slarghi, viuzze e “gabbe” – si può riscontrare in maniera più evidente nella presenza di una casa trecentesca che si incontra sulla destra, verso la metà della strada. Di essa resta solamente la facciata. La tradizione vuole che fosse la casa natale dell’umanista Francesco Filelfo, di cui però si sa solamente che nacque in questo quartiere denominato allora “di S. Martino”.

 

2. Fondaccio, ghetto (pp. 134-136, Tolentino, guida all’arte e alla storia, a cura di G. Semmoloni, 1988)

Il quartiere che comprende la chiesa di S. Maria Nuova, chiamato anche “il Fondaccio”, conserva ancora la struttura medievale riscontrabile nella tortuosità delle stradine e dei vicoli. L’antico andamento delle strade che, in ripida pendenza, convergono verso la Porta del Ponte, è stato rispettato dalle abitazioni che vi prospettano, anche se tutte abbastanza recenti, segno della continuità dell’antico insediamento. Le case, simili nei volumi e nella tecnica costruttiva, armoniche nel cromatismo delle facciate e le frequenti aperture dei vicoli, slarghi e piazzette contribuiscono a conservare nel quartiere un’atmosfera di altri tempi. Incerta è l’origine della denominazione della zona: il termine Fondaccio può farsi derivare dal fatto che questa è la parte più bassa della città o dall’ipotesi che qui fossero situati i fondaci degli ebrei che, fin dal secolo XV, risiedevano lungo la vicina via di S. Nicola.

 

 

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